lunedì 1 dicembre 2014

La Guerra di Ovadia

Le sue origini bulgare, la crescita in un contesto familiare ebraico - sefardita, e la naturale acquisizione della cultura yiddish e mitteleuropea, fanno di Moni Ovadia una delle figure artistiche più intriganti e capaci nella continua difesa e rielaborazione del patrimonio culturale di tutti quegli ebrei che vivono nell'Europa orientale. E così, il debutto, in prima nazionale, al teatro Biondo di Palermo, del suo ultimo spettacolo, scritto a quattro mani con Lucilla Galeazzi, lei dalla voce possente, conosciuta per la sua tournée europea con il progetto: ''Festa Italia'' "e ''Le voci del Mediterraneo'' in perfetta simbiosi con musicisti ? artisti marocchini, in uno spettacolo di grande respiro melodico e ritmico. ''Doppio fronte. Oratorio per la Grande guerra'', non ha tradito le aspettative. Due ore sul palco per una produzione dello Stabile, in collaborazione con Promo Music e Ravenna Festival 2014. Lo sguardo di Ovadia è sul pubblico ma spesso sui visi dei tanti giovani del coro del conservatorio Vincenzo Bellini, diretto da Mauro Visconti, accompagnati magistralmente da quattro talentuosi musicisti: Luca Garlaschelli al contrabasso, Albert Florian Mihai alla fisarmonica, Paolo Rocca al clarinetto, Massimo Marcer alla tromba, quest'ultimo è spesso colonna sonora solista della tragedia di centinaia di morti in guerra. Ovadia e la Galeazzi tengono la scena con un ritmo da veri professionisti e mentre scorrono le immagini in bianco nero delle putride trincee e dei cadaveri senza nome di uomini partiti per la guerra, con la consapevolezza di mai più tornare, riecheggiano le ultime lettere inviate alle mogli ? bambine, prima di cadere in battaglia. ''Il manifesto delle suffragette, recitato nella sua versione integrale spiega bene, dice Ovadia, il volto femminile della guerra. Le donne hanno pagato un prezzo altissimo, molte di loro rimaste vedove a 15 anni, costrette a sostituirsi al lavoro degli uomini partiti per il fronte''. La Prima guerra mondiale ha fatto sei milioni di orfani e di vedove. Lo spettacolo di Ovadia lo testimonia con disarmante attualità. Pubblico soddisfatto per questo grande artista, vegetariano per scelta, agnostico e grande estimatore di Don Gallo. Lui che affida le sue posizioni politiche al Fatto quotidiano e lo fa con due interviste il 5 novembre 2013 e il 29 agosto 2014 dichiarando di lasciare la sua comunità ebraica per le atrocità perpetrate da parte dello Stato di Israele nei confronti del popolo della Palestina. Lo fa con forza sostenendo i diritti di questo ''stato'' e di come ''l'ossessione per l'antisemitismo e per la Shoah, insieme all'ultranazionalismo israeliano, vengono strumentalizzati da Israele e dalla destra "reazionaria" di Netanyahu, per continuare ad uccidere e a colonizzare nei territori palestinesi attraverso la propaganda''. In chiusura Ovadia invita il pubblico a rileggere sui volti dei giovani del coro i milioni di soldati partiti per il fronte. Oggi forse la guerra è la stessa, si muore per mancanza di lavoro.

Ivan Scinardo

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